lunedì 8 novembre 2010

GIUSTIZIA E POLITICA LA TESTIMONE CHIAVE DI «WHY NOT» CATERINA MERANTE

«De Magistris? Mi fidavo e mi ha tradito»
La donna al centro del processo flop imbastito dall’ex pm di Catanzaro ora rischia di finire sul banco degli imputati «Non ho pilotato nessuna indagine, ho seguito le sue indicazioni. Su questa vicenda serve una commissione d’inchiesta»


Gian Marco Chioocci de il Giornale di Domenica 7 Novembre 2010

Da supertestimone a inda­gata, prossimamente imputa­ta. Destino giudiziario infau­sto per Caterina Merante, 41 anni, ex direttrice della socie­tà Why Not, che con le sue di­rompenti rivelazioni aiutò non poco l’allora pubblico mi­nistero di Catanzaro, Luigi De Magistris, a incardinare il ma­stodontico processo flop che, per l’appunto, porta il nome della società collegata alla Compagnia delle Opere so­spettata di intrallazzi con la politica locale e nazionale. La sentenza del Gup che ha disin­tegrato il castello accusatorio dell’attuale eurodeputato Idv fa a pezzi anche lei definendo­la il «
dominus » del procedi­men­to penale con 110 indaga­ti e solo 8 condannati, inatten­dibile dichiarante, ammalia­trice di carabinieri al punto da imporre al sottufficiale che se­guiva le ind­agini quali accerta­menti fare e chi sentire. La Me­rante dovrà ora difendersi da tredici capi di imputazione. Lei, ovviamente, non ci sta. Ha deciso di parlare col Gior­nale affiancata dall’avvocato Noemi Balsamo. Quel che se­gue è lo sfogo di una cittadina ferita, di una testimone tradi­ta, abbandonata al suo desti­no, a cominciare da quella to­ga che lei reputava «diversa» e che grazie a Why Not s’è dimo­­strata invece «uguale» a tutte le altre che hanno fatto carrie­ra politicizzando le inchieste.
Signora Merante, da testi­mone eccellente a indaga­ta per reati gravi. Come se lo spiega?
«Mi sono rivolta alla giusti­zia con grande fiducia, ho col­laborato lealmente riferendo circostanze precise. Per due anni e mezzo sono stata inter­rogata molteplici volte da al­meno cinque procure e nessu­no mi ha contestato un reato, eppure sin dall’inizio di que­sta vicenda l'unica persona messa seriamente sotto pro­cesso è stata proprio il testimo­ne. Sono stata perfino intercet­tata al telefono con mia ma­dre, con mio marito, con le mie amiche. Senza risultato. Oggi il Gup, manda gli atti rela­tivamente a me in procura, e quindi ricomincia il calvario. Non capisco, ma mi adeguo. Più di qualcosa nel sistema giustizia non funziona».
Il giudice fa riferimento al suo rapporto amichevole, diciamo amicale, forse più che confidenziale, con un maresciallo dei carabinie­ri che seguiva l’inchiesta su incarico di De Magistris. E alle intercettazioni inte­gralmente riportate nella sentenza il giudice dedica ben 150 pagine per dire che la signora Merante ha
pilotato personalmente le indagini. Non è un’accusa da poco.
«No, non lo è, anzi, come vede non ci si è limitati a lasciare in­tendere che sono una delinquente, ed è questa la cosa che mi ha amareggiata di più. Eppure la verità la sanno in molti, ma tutti tacciono. Mi spiego: se io interloquivo telefonica­mente con questo marescial­lo dei carabinieri era perché avevo avuto precise indicazio­ni dall’allora pm De Magi­­stris, il quale diede indicazio­ni di prendere due telefoni con i quali avremmo interlo­quito solo io e la sua polizia giudiziaria, appunto. Più di una volta, mi sono rivolta al pm De Magistris per sottopor­gli le mie perplessi­tà circa que­ste modalità di indagini telefo­niche e non solo. Di fronte al mio disagio il pm De Magi­stris mi ha sempre risposto che il maresciallo era l’unica persona della quale ci si potes­se fidare. Mi sono fidata e guar­da in che razza di guaio mi ri­trovo, nel silenzio assordante di tutti».
Scusi, ma da quando in qua un pm «delega» le indagini a un testimone?
«Ma io l’ho fatto presente al pm De Magistris! E sono arri­vata, come risulta in atti, a de­nunziare in procura il mare­sciallo, l’ho fatto nel 2008, quindi in tempi non sospetti. Il dottor Pierpaolo Bruni alla presenza del maggiore Gra­zioli (poi coinvolto in una brutta storia giudiziaria) deci­se di allontanarlo con effetto immediato dalle indagini. Ma le sorprese non finirono. A di­stanza di pochi mesi quello stesso maresciallo venne ri­chiamato in Why Not. Indovi­ni da chi? Dai pm che ci inter­cettavano. Ho le prove che quanto lasciato intendere nel­la sentenza non corrisponde alla verità. Io non ho pilotato nessuna indagine, erano altri, forse, che attraverso la mia buonafede, le pilotavano per motivi loro. Chiaro?».
Chiaro.
«Piuttosto mi chiedo come mai l’europarlamentare De Magistris su Why Not pensi so­lo a difendere se stesso, e non una cittadina che si è affidata completamente a lui per riferi­re, anche nei modi sopra de­nunciati, determinate situa­zioni. Mi chiedo perché, nel momento in cui vede che un giudice scrive cose pesantissi­me sulla sottoscritta su circo­stanze gravi e delicate di cui lui è perfettamente a cono­scenza, non intervenga per di­re la verità. Mi chiedo perché
resta in silenzio lasciando che i media distruggano me che sono l’ultima ruota del carro. Mi chiedo perché risponda al Gup su ben altre cose e non su questo “particolare” delle in­dagini telefoniche. Mi sem­bra un comportamento disu­mano ».
Si sente scaricata? Usata?
«Non posso dire di esser sta­ta scaricata da una persona a cui non ho mai chiesto di pren­dermi a carico. Mi sono rivol­ta alla giustizia e mi sono ritro­vata per caso De Magistris nel quale, come molti, ho nutrito grande fiducia. Poiché quel magistrato, però, oggi occupa una poltrona importante ri­tengo che da politico dovreb­be avere a cuore i cittadini e a maggior ragione i testimoni che si sono affidati a lui e che mai avrebbero potuto imma­ginare ciò che è accaduto nel
prosieguo».
Tornasse indietro rifareb­be tutto?

Rifarei tutto perché ho agito in totale buonafede. Piuttosto insisterei sulla ricusazione
del giudice perché colei che è stata la tua compagna di ban­co a scuola, per forza di cose, rischia di non essere imparzia­le, nel bene e nel male. Ragio­ni di opportunità avrebbero dovuto suggerirle di astenersi da questo giudizio ed anzi co­gliere l’istanza di sfiducia nei suoi confronti come un’op­portunità per tirarsi fuori da una situazione imbarazzan­te. Lei pensi che ho conosciu­to il marito nella sede della Compagnia delle Opere, dove egli si recava per chiedere fi­nanziamenti a Saladino».
Si dice che lei si sia arricchi­ta a dismisura con questa storia di Why Not. Quaran­ta milioni di euro di fattura­to…
«( risata ) Forse quel che non si sa, è che l’unica persona a subire un invasivo accerta­mento patrimoniale sono sta­ta io. Quaranta milioni di eu­ro? Saranno i contratti che ha ricevuto globalmente il con­sorzio Brutium, non sono cer­to finiti nelle mie tasche».
Che idea si è fatta di quest' inchiesta mastodontica che è diventata un caso po­litico per aver buttato giù un governo, ipotizzato sce­nari massonici mai dimo­­strati, rovinato un sacco di gente poi risultata innocen­te?
«Mi sono resa conto dell’in­credi­bile piega che stava pren­dendo l’inchiesta nel momen­to in cui il ministro Mastella trasferì il pm De Magistris, tan­to che scrissi una lettera pub­blica nella quale preannun­ciavo qu­anto sarebbe accadu­to e che ormai era troppo tardi per rimediare».
Si riferisce alla lettera in cui diceva a Mastella che aveva fatto male a togliere l’indagine a De Magistris il quale, con tutto il materia­le che aveva a disposizio­ne, non aveva ancora chiu­so le indagini?
«Quella, sì. E non ho cambia­to idea. Perché ritengo che se ognuno di noi facesse fino in fondo il proprio dovere, rispet­tando il proprio ruolo, è certo che le cose per i cittadini an­drebbero diversamente. Cre­do che non sia utile persona­lizzare le inchieste. Ecco per­ché ritengo che la proposta di una commissione d’inchiesta su questa vicenda sia assoluta­mente auspicabile affinché si possa verificare chi ha agito correttamente esercitando il proprio ruolo, e chi invece lo ha fatto utilizzando il codice di procedura penale come un’arma impropria».
Si sarebbe mai immagina­ta che De Magistris avreb­be lasciato la toga per la po­litica?
«No, almeno fino ad un cer­to punto. Resto sorpresa dai suoi attacchi politici a Berlu­sconi, che alla fine denunzia, esattamente come lui, la pre­senza di magistrati corrotti e deviati nelle Procure».
Lei ha puntato l'indice sul­l’imputato Antonio Saladi­n­o considerato da De Magi­stris il deus ex machina del malaffare calabrese. Chiunque ha avuto a che fa­re con Saladino, anche so­lo per una volta, è finito nei guai. Come mai il nome di Antonio Di Pietro, che poi arruolerà De Magistris nel­­l’Idv, nonostante alcuni contatti con Saladino non venne mai fuori?
«È una domanda che mi ha già posto Santoro, tra l'altro con Di Pietro in studio. Non ne parlai perché nessuno mi fece una domanda sul punto. Avrei detto tranquillamente che c’era stato un incontro fra Di Pietro e Saladino».
Non le sembra di aver esa­gerato parlando della fan­tasmagorica loggia di San Marino?
«Eh no, nessuna loggia. Io parlai di un comitato d’affari a San Marino, le indagini su questo le ha fatte il maggiore che chiedeva raccomandazio­ni a chi io avevo denunziato. Della massoneria deviata oc­corre chiedere a Luigi De Ma­­gistris, non certo a me».




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Dopo il Teorema Romeo

Dopo l'assalto soprattutto mediatico che ha messo al centro Alfredo Romeo, in carcere per tre mesi Ci sono state le sentenze Tutti assolti per tutti i reati meno uno corruzione per la promessa di assunzione a Romeo. alfredo Romeo è tronato al lavoro , ma noi dopo aver seguito il "processo" mediatico , quello che ha già condannato....che resterà, senza possibilità di riabilitazione .....Continuiamo. Del tutto a prescindere dagli esiti giudiziari, dalle cifre,da realtà e sostanza.